UNA LETTERA ALLA LUNA Ispirata al: “Canto notturno di un pastore errante dell’Asia”, di Giacomo Leopardi.

Oh Luna, siamo esseri insignificanti rispetto a te, rispetto alla tua immensità, che divora tutto quello che c’è qui, sulla Terra. Siamo piccoli piccoli in confronto all’Universo. Piccoli piccoli tra questo infinito.

Viviamo in un cosmo, dove il concreto naufraga e l’astratto rimane a galla, dove la realtà scompare e la fantasia domina questa immensità. Noi, questi piccoli umani, viviamo in un abisso di emozioni, di pensieri, che piano piano ci fanno sprofondare; col passare dei giorni, la Morte si avvicina e sentiamo i suoi passi rimbombare in questo astratto mare. Sentiamo quella serenità, che, mano a mano, diventa più concreta. Quel sonno che ti avvolge con tranquillità. Quella stanchezza. Quella noia. E con quel dolce tocco, la Morte ti porta a vivere in eterno, a guardare con occhi nuovi il triste mondo. Fin dal principio c’è stata inflitta la pena di essere stati divisi in due parti uguali e, così, destinati a cercare per l’eternità la nostra anima gemella.

Quindi Luna, in fondo, che cosa siamo noi? Se siamo così piccoli, tra questo infinito, per quale ragione siamo stati creati? E perché viviamo, se, alla fine, sappiamo che moriremo?

Beh… forse a questa ultima domanda ho già la risposta. La Vita è un dono che non va sprecato, perché è una sola ed è proprio la Morte che la rende così preziosa. Noi abbiamo due scelte di Vita: possiamo seguire l’esempio del pastore, vivendo per il lavoro, o possiamo vivere per la felicità. Vivere, infatti, non vuol dire concentrarsi su un solo ambito, ma vuol dire essere felici e gioiosi, e, perché no, anche un po’ tristi. Vivere vuol dire ridere, innamorarsi, fare amicizie, sbagliare, commettere errori e riprovarci. Vuol dire sorridere, imparare, piangere ed abbracciarsi. Vuol dire non sentirsi in colpa per tutto quello che si fa. Vuol dire ridere agli insulti. Vuol dire tenersi degli attimi di egoismo, per dedicarli a sé stessi. Vuol dire non cambiare per gli altri, perché se lo si fa, alla fine, si dimenticherà come si è davvero. Vuol dire vivere la nostra Vita, quindi non pensare a tutte queste insicurezze che ci soffocano, ma pensare a quello che vogliamo fare, a quello che desideriamo, a quello che sogniamo. Così, alla fine, quando la Morte ci starà accanto, potremo essere soddisfatti di aver vissuto veramente; perché sono proprio questi attimi di felicità a cambiare un’intera Vita.

Alice Tolotta, 3^C

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